The-Startup-Owner-s-Manual

Il manuale per startupper "The Startup Owner's Manual", di Steve Blank e Bob Dorf, è una pietra miliare tra i libri per gli startupper.

La frase con cui il libro inizia, nella versione originale, cioè “Get out of the building!”, letteralmente “Esci dall’edificio”, rappresenta bene lo spirito di questo testo.

Che vuole essere ed è una guida agli aspiranti startupper: una guida che va oltre la teoria di business plan e buone idee, e punta alla concretizzazione del business.

Per ottenere questo risultato la metodologia è quella del Customer Development, che si basa su una serie di test necessari e utili per validare le ipotesi alla base di una startup.

Questo testo è da ritenersi una vera e propria “bibbia” per chi si occupa di startup, grazie alla capacità di connettere diverse metodologie come pivot, il MVP e la validazione delle soluzioni.

Perché, per quanto la teoria possa essere valida, la startup deve “scontrarsi” sul campo con la realtà dei desideri e delle necessità del pubblico.

E fin quando non lo fa in maniera concreta, non è possibile sapere se il business è destinato al successo o va in qualche modo implementato oppure direttamente abbandonato.

Proprio come in una campagna di equity crowdfunding, finché non si arriva a mettere alla prova la teoria non si può essere sicuri del risultato.

E farlo utilizzando la giusta metodologia può essere importante per concentrarsi sui test più utili e per limitare le perdite.

Manuale per startupper: la recensione di "the Startup Owner's Manual"

# Manuale per startupper: le supposizioni non bastano

Il concetto di base del manuale per startupper "The Startup Owner's Manual" è che gli startupper dovrebbero dimenticare le supposizioni.

Il modello delle supposizioni può essere utile nella creazione di un’impresa tradizionale, ma per le startup non funziona.

L’avvio di una startup, nella realtà, è un vero “Atto di Fede”: perché non è possibile sapere se il pubblico sarà davvero interessato al prodotto o alla soluzione proposta.

Quindi, creare un prodotto finito, investendo tempo e denaro, basandosi solo su supposizioni, è uno dei più gravi errori che uno startupper possa commettere.

Basta pensare alla pianificazione del lancio del prodotto: che spesso viene stabilita in modo molto netto e preciso, con una data che per nessun motivo deve essere “sforata”.

Di conseguenza non c’è né modo né tempo di apportare modifiche e miglioramenti al prodotto: l’unica speranza è che i clienti arrivino e acquistano comunque.

Il risultato invece, almeno nella maggior parte dei casi, è scontato: niente interesse, niente clienti, niente vendite.

Tutto quello che è stato investito per produrre la soluzione lanciata direttamente sul mercato è perso.

La velocità è importante in tutte le fasi della vita di una startup: ma velocità non significa fretta.

Se sai il crowdfunding cos’è e come funziona, conosci anche l’importanza della fase preparatoria, che spesso è molto più lunga di quella di lancio della campagna.

E lo stesso avviene nella fase di creazione di una startup.

Il lavoro di creazione e lancio di una startup è soprattutto un apprendimento in divenire, di continuo test di ipotesi, che spesso si dimostrano sbagliate.

Lanciare un prodotto lavorando solo su ipotesi non testate, è il modo più rapido e sicuro per arrivare al fallimento.

In particolare uno startupper non deve commettere l’errore di procedere con un’organizzazione aziendale ricalcata su quella delle grandi società.

Questo tipo di struttura complessa è poco adatta a una startup nelle prime fasi di vita, anzi rischia di generare costi troppo elevati da sopportare.

Prima di ingrandire a dismisura il team, è importante testare la validità delle soluzioni proposte dalla startup.

# Manuale per startupper: mettere il cliente al centro

Considerando che la startup fonda il suo sviluppo su delle ipotesi che hanno la necessità di essere confermate, è importante ottenere rapidamente dei feedback.

Feedback che sono necessari per testare le soluzioni e apportare le eventuali modifiche, quando necessarie e che possono arrivare solo dai clienti.

Il modello che il manuale per startupper di Blank e Dorf propone per seguire questo processo è quello del Customer Development.

Si tratta di uno dei modelli più adatti per le startup, perché permette di essere ripetuto diverse volte nei suoi passaggi, in modo da ottenere un risultato sempre migliore.

Il cliente viene messo “al centro dell’attenzione” attraverso:

la scoperta: che prevede l’ascolto diretto del cliente e delle sue necessità, in modo da individuare il mercato adatto per la soluzione della startup;
la convalida del cliente: per cui è necessario verificare che la soluzione, oltre a un mercato, abbia un modello di business efficace;
la creazione del cliente: in cui la startup deve investire per generare la domanda relativa alla soluzione che propone, sia in un mercato già esistente, sia in un mercato creato ex novo;
la costruzione della società: passaggio in cui la startup si consolida come azienda, acquisendone anche la struttura complessa.

Un processo per step, che permette di evitare errori che possono rivelarsi molto gravi: che, con i corretti aggiustamenti, può essere applicato anche per creare una campagna crowdfunding di successo.

# Perchè il cliente è così importante?

Uno startupper ha la assoluta necessità di capire se la soluzione che vuole proporre sia davvero utile per risolvere il problema di un cliente.

Si tratta delle base del successo: e l’unico modo di scoprirlo è quello di uscire dalla teoria del business plan e parlare con i potenziali clienti.

Ovviamente non è possibile pensare di soddisfare le esigenze di tutti i potenziali consumatori: per fare questo ci vorrebbe un prodotto con funzionalità infinite.

E svilupparlo richiederebbe anni e un investimento altissimo di denaro: invece è necessario concentrare le proprie energie.

Quindi, dal punto di vista pratico, è utile concentrarsi su un gruppo limitato di potenziali clienti, da cui trarre più feedback possibile per implementare al meglio la soluzione.

E, in questa fase, non bisogna trascurare di analizzare le effettive prospettive di vendita che la soluzione della startup ha.

Dati da cui trarre indicazioni utili sono:

La dimensione del mercato;
Il sistema dei prezzi;
Il costo da sostenere per acquisire clienti.

Dall’analisi di questi dati è possibile ottenere una previsione di guadagno nel breve termine e quindi partire con la fase di “convalida del cliente”.

È ovvio che non potrà essere una previsione assolutamente precisa, ma può dare un’idea chiara se sia o meno utile procedere con lo sviluppo di un progetto di business.

Proprio come aprire un crowdfunding, è necessario mettere sul tavolo tutti i possibili risultati in modo da capire se “il gioco vale la candela”.

# Convalidare il cliente come test multifunzione

La scoperta del cliente porta a capire chi sarà ad acquistare la soluzione proposta dalla startup, per soddisfare quale necessità e a che prezzo.

La convalida del cliente ha proprio l’obiettivo di effettuare dei test quantitativi in modo continuo, per ottenere delle risposte sul modello di business nel suo complesso.

I sistemi “tradizionali” che servono per creare un piano di vendita non si possono applicare per una startup: anche per questo non è il caso di creare un team dedicato alle vendite, almeno finché la startup non sviluppa un’organizzazione complessa.

Le informazioni che servono a creare un business model non si possono recuperare durante il processo di vendita.

Perché questa operazione attiene alla fase di ricerca, che non può essere contemporanea a quella di esecuzione, cioè a quella della vendita della soluzione.

Il problema che spesso si pone è che lo startupper, sbagliando, tende a concentrare la sua attenzione sulla vendita, arrivando anche ad assumere nuovo personale.

Ma la conseguenza è quella di rallentare, anche di molto, la fase di ricerca.

Fase fondamentale per conoscere dai clienti pregi e difetti della soluzione ed eventualmente programmare ed eseguire un’ulteriore serie di test.

# Le metodologie efficaci per le startup digitali

Il manuale per startup "The Startup Owner’s Manual" prende anche in considerazione la realtà, sempre più diffusa, delle startup digitali.

Queste startup devono, necessariamente, ottimizzare degli aspetti differenti, come conseguenza delle loro diverse tipologie di business.

Per esempio, nel caso di un e-commerce, il primo obiettivo è quello di generare traffico e ordini.

Solo dopo aver superato questo test è possibile pensare di far crescere il numero di ordini.

Compiere i test di convalida online è ovviamente più semplice, ma è necessario avere l’accortezza di non farne troppi tutti nello stesso tempo.

Il rischio è quello di confondere il visitatore e di non capire quali siano le modifiche effettivamente utili.

Inoltre, e questo vale sia per le startup online che per quelle tradizionali, la flessibilità, anche nei test e negli obiettivi di ottimizzazione, è determinante.

Il cambiamento di obiettivi, di costi, di valore e di circostanze sono all’ordine del giorno: quindi il saper adattare test e validazioni diventa una caratteristica necessaria per avere successo.

# Conclusioni

"The Startup Owner’s Manual" è davvero un pietra miliare per quel che riguarda i libri per startup.

Le metodiche pratiche che spiega e permette di attuare sono utili non solo nella fase di lancio di un prodotto, ma ogni volta che sia necessario mettere alla prova un nuovo progetto, come una campagna di equity crowdfunding.

Cosa pensi delle metodiche teorizzate da The Startup Owner’s Manual? Pensi possano essere adatte a tutte le startup? Rispondi in un commento!

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