lean-startup

La metodologia Lean Startup è probabilmente una delle più diffuse nella creazione di nuove imprese.

Questa metodologia parte dall’assunto che ogni idea di business è solamente un’ipotesi, che va necessariamente verificata: in base ai risultati che si ottengono da queste verifiche si può procedere alle modifiche necessarie.

Si può pensare alla metodologia Lean Startup come a un ciclo: si parte dalla creazione di MVP, lo si testa sul mercato, si valutano i dati raccolti e si procede alle necessarie modifiche sul prodotto o servizio, fino a ottenere un risultato soddisfacente.

Il successo di questa metodologia dipende anche dal fatto che permette di diminuire il rischio di sbagliare, perseverando in un progetto di business che non ha futuro: un’eventualità molto comune fra gli startupper alle prime armi, che hanno la pericolosa tendenza a “innamorarsi” della loro idea rivoluzionaria.

# I limiti del metodo Lean Startup

Pur essendo una metodologia particolarmente utile per la creazione di una startup, il metodo Lean non è perfetto: ci sono alcuni limiti e difetti che devono essere chiari a uno startupper che sia in procinto di sviluppare la sua idea di business.

Prima di tutto bisogna considerare il fatto che si tratta di un metodo sviluppato basandosi sul mercato statunitense: in questo paese può essere spesso sufficiente un pitch basato su una prima versione di Business Model per ottenere dei capitali, mentre in Italia spesso vengono richiesti numeri e proiezioni finanziarie ed economiche che trovano fondamento su un business plan.

Inoltre, a livello di metodologia, nel ciclo di base “MVP-Test di mercato-Modifiche", manca la base di partenza, cioè l’idea: e se si parte con un’idea che è sbagliata non ci sono garanzie di ottenere dei risultati prevedibili. 

Il principio di “buttarsi” passando dall’idea al MPV in modo diretto per ottenere delle conferme, rischia di portare a ritrovarsi con un pugno di mosche, se non vengono apportati dei “correttivi” al sistema di base.

Altre metodologie che non si basano sul principio Lean Startup partono da basi diverse e si sviluppano in modo alternativo: conoscerle può essere molto importante, soprattutto per avere una visione a 360 gradi sui sistemi di sviluppo di un business, prima di imbarcarsi nella creazione vera e propria di una startup.

# Il metodo Job-To-Be-Done

Per capire il metodo Job-To-Be-Done è importante partire dalla famosa frase di Theodore Levitt per cui: “Le persone non vogliono un trapano da un quarto di pollice, vogliono un foro da un quarto di pollice”.

Il focus di questo metodo parte proprio dal concetto che le persone acquistano dei prodotti o dei servizi per “fare qualcosa” e per rispondere alle delle esigenze: i prodotti e i servizi possono cambiare, ma non cambiano le necessità sottostanti dei clienti.

I clienti non acquistano un prodotto o un servizio in quanto tale, ma in quanto “serve” nella loro vita: per questo una startup dovrebbe concentrarsi non sul prodotto che vuole offrire sul mercato, quanto sul “lavoro” o sulla necessità delle persone.

Utilizzando questa metodologia il mercato non è concentrato attorno al prodotto, ma attorno al “lavoro” che questo prodotto è in grado di fare: si può fare un esempio pensando ai padri single (che sono coloro che eseguono il lavoro) che cercano di essere dei buoni genitori (“il lavoro”).

Nella metodologia alla base del Job-To-Be-Done i prodotti e i servizi cambiano, mentre il “lavoro da fare” rimane come costante: in effetti tutti i prodotti sono destinati, in modo più o meno rapido, a diventare obsoleti e la società che li produce deve necessariamente trovare nuove soluzioni se vuole continuare ad avere successo.

# Le fasi del Job-To-Be-Done

Anche la metodologia del Job-To-Be-Done prevede diverse fasi per lo sviluppo di un business:

individuazione del Job-To-Be-Done, cioè del bisogno che spinge un soggetto all’acquisto di un servizio o prodotto;
validazione del prodotto o servizio che serve a “fare il lavoro”: per fare questo sono previsti test, versioni beta, studi di mercato e campagne di marketing; in caso di esito favorevole di questa fase è possibile passare alla successiva;
validazione del mercato: che si svolge distribuendo il prodotto sul mercato su larga scala;
crescita della startup: che si ottiene attraverso le vendite e comporta il successo del progetto di business.

Secondo questa metodologia, non importa quanti sforzi o o quanto impegno si mette nello sviluppo del prodotto: se questo non soddisfa il bisogno degli utenti, è inutile.

E per questo motivo lo step principale nello sviluppo del business diventa l’individuazione delle “Buyer Persona”, i clienti ideali, con tutte le loro caratteristiche e necessità, in modo da riuscire a individuare la soluzione migliore per il “lavoro da realizzare”.

# Design Thinking

Quando si parla di Design Thinking si intende un approccio che permette di risolvere in modo pratico e creativo diverse tipologie di problemi: pur essendo nato come approccio all’innovazione diffuso nell’ambito delle agenzie di design all’inizio del nuovo millennio, negli ultimi anni è stato applicato con successo in diversi campi, compresa la creazione di startup.

In questa metodologia il focus dell’attenzione è centrato sul consumatore: partendo dall’individuazione dei problemi (vecchi e nuovi) che i clienti presentano, la startup deve individuare e proporre nuove soluzioni efficaci.

# I passaggi del Design Thinking

La metodologia del Design Thinking si applica attraverso 5 passaggi:

fase di empatizzazione: la startup in questa fase deve dedicarsi alle ricerche di mercato, che hanno l’obiettivo di individuare i problemi dei potenziali clienti;
fase di definizione: in questa fase è necessario validare il binomio cliente-problema; questo vuol dire utilizzare diversi strumenti (come i questionari e le ricerche di mercato) per capire se davvero i potenziali clienti hanno quel determinato problema e sono alla ricerca della soluzione;
fase dell’ideazione: dopo aver individuato i reali problemi dei clienti che ancora non hanno una soluzione (oppure hanno soluzioni non soddisfacenti) si può passare a trovare nuove idee per risolvere i problemi, basandosi sui dati delle due fasi precedenti;
fase del prototipo: in questa fase la startup deve creare un prototipo (che può essere un MVP, una landing page o anche uno smoke test) per le soluzioni individuate; queste soluzioni devono prevedere solo le funzionalità principali, per ridurre al minimo le spese da sostenere;
fase di test: il passo successivo è quello di testare il prototipo, scegliendo le metriche adatte e definendo gli obiettivi da raggiungere per ritenere che l’idea sia stata validata.
Al termine di questa fase si può procedere al lancio sul mercato del prodotto validato oppure, in caso di risultati negativi, a eventuali modifiche. Nei casi in cui i risultati siano molto distanti da quelli attesi la soluzione può essere quella di fare pivot e abbandonare l’idea di business.

Queste fasi (che sono state indicate in modo lineare, anche se non sempre seguono questo svolgimento) devono essere improntate su 4 principi fondamentali:

l’uomo al centro: per quanto possibile le attività svolte dalla startup devono avere come focus sempre il cliente;
l’inevitabile ambiguità: le ambiguità sono sempre presenti in ogni fase del processo di sviluppo di un progetto, per cui è necessario verificare ogni ipotesi;
i bisogni non cambiano: i bisogni dei clienti, soprattutto quelli essenziali, tendono a rimanere sempre gli stessi. L’obiettivo di una startup di successo deve essere quello di trovare nuovi modo di soddisfare questi bisogni;
è necessario qualcosa di tangibile: non si può prescindere da un prototipo o da un MVP per capire le potenzialità e gli eventuali problemi di un’idea di business.

Applicare la metodologia del Design Thinking mostra come sia possibile fare innovazione e impresa sempre mantenendo al centro dell’obiettivo il cliente e i suoi bisogni.

# Customer Development

Il Customer Development è una metodologia di sviluppo di un prodotto o servizio ideata da Steve Blank, dopo lo studio dei modelli di business di diverse startup: per questa metodologia al centro del processo di sviluppo devono essere posizionate le necessità dei clienti e la verifica di una soluzione che abbia potenzialità di sviluppo sul mercato.

Il prodotto o servizio che la startup offre deve necessariamente ruotare intorno alle necessità dei clienti: la chiave sta nella validazione dell’idea (che deve comunque esserci).

Questa metodologia spinge lo startupper a validare sotto ogni aspetto il suo progetto di business: le riposte che si ottengono potrebbero non essere quelle sperate, ma è un rischio che è necessario correre.

Infatti, con questa metodologia è possibile evitare di sprecare soldi, tempo ed energie in un’idea che non ha potenzialità concrete di realizzazione: in effetti, puoi anche creare un prodotto perfetto e bellissimo, ma se non risponde alle necessità di un cliente è inutile.

# Come applicare il Customer Development 

Un errore in cui molti incorrono è quello di ritenere il Customer Development al pari delle interviste di validazione, uno dei passaggi da affrontare nel processo complessivo dello sviluppo di un progetto di business: la soluzione non è così semplice.

Infatti il Customer Development è un processo decisamente più complesso (di cui le interviste di validazione fanno comunque parte) e si sviluppa in 4 fasi principali:

Customer Discovery: in questa fase si individuano i potenziali clienti e si cerca di capire se sono interessati alla soluzione proposta dalla startup;
Customer Validation: in questa fase è necessario capire se la soluzione proposta dalla startup è in grado di rispondere alle esigenze del cliente (gli early adopters in questa fase); per fare questo viene creato un MVP;
Customer Creation: è la fase in cui si comprende se i canali di comunicazione e le strategie di vendita sono adatte a un mercato su larga scala; per fare questo è necessario creare un modello di business sostenibile, fidelizzando i clienti già acquisiti e cercando di acquisirne dei nuovi;
Company Building: si tratta della fase di crescita della startup, che cresce e si organizza a livello strutturale; da una sorta di “laboratorio sperimentale” la startup si trasforma in una vera e propria azienda.

Volendo fare un’ulteriore distinzione, si può dire che le prime due fasi (Customer Discovery e Customer Validation) sono quelle in cui si effettua un’attività di ricerca e di validazione delle ipotesi, mentre le successive (Customer Creation e Company Building) sono maggiormente concentrate sull’azione, cioè sul mettere in pratica quello che si è imparato durante le prime due fasi.

Dalla lettura dell’articolo hai potuto capire che esistono diverse metodologie per lo sviluppo di una startup: sicuramente tutte hanno dei punti di forza e allo stesso tempo dei difetti.

Questo significa che non esiste una metodologia perfetta, che si adatti a tutti i diversi progetti di business: ogni problema può richiedere una soluzione diversa.

E ancora può essere utile sfruttare i diversi punti di forza delle diverse metodologie combinandoli fra loro in modo da creare una strategia “personalizzata” che sia in grado di adattarsi al meglio alle esigenze della singola startup.

Conoscevi queste metodologie?
Secondo te ce n’è una particolarmente efficace rispetto alle altre?
Scrivilo tra i commenti


Se ti piace l'articolo, lascia un commento e condividilo  


Leave a Reply

Your email address will not be published.