La nascita di una startup è probabilmente una delle fasi più delicate del processo di creazione di un’impresa: dalla nascita viene in buona parte determinato le caratteristiche e il destino di una startup.

Potremmo pensare che quello della nascita di una startup sia un processo lineare: da un’idea di business si passa alla creazione di un’impresa vera e propria, che si attiva sul mercato. In questo senso potrebbe essere considerata come startup una qualsiasi azienda nei primi 3 anni di vita.

Si tratta in realtà di una definizione troppo ampia: a tutti gli effetti, una società per essere considerata una startup vera e propria non deve solo essere di nuova creazione, ma anche presentare delle caratteristiche ben precise.

E per questo tipo di società la realtà presenta 3 diversi modelli di “nascita” che adesso andremo a vedere nel dettaglio.

# Modello 1 – NEWCO

Il termine newco nasce dall’unione delle parti iniziali di due parole “new” ed “company”: la newco è una società che formalmente è completamente nuova, ma che in pratica trova la sua ragione di nascita dalla situazione di crisi di un’altra società, che potremmo definire “società madre”.

Una società che si trovi ad affrontare un periodo di crisi avrà probabilmente al suo interno dei “rami secchi” (cioè delle attività che non sono più produttive) e dei “rami freschi” (quelle attività che al contrario sono ancora produttive e mostrano delle possibilità di crescita).

Il rischio è che la parte “malata” della società finisca per affossare anche la parte “sana”, trascinandola nella crisi e mettendola a rischio di fallimento.

Per questo nel momento in cui viene deciso un piano di ristrutturazione della società madre, i rami secchi vengono separati da quelli ancora produttivi: normalmente i primi confluiscono in una “bad company” (una società molto probabilmente destinata alla chiusura), mentre i rami produttivi vengono fatti confluire in un’altra società, anche questa creata per l’occasione, che viene definita newco.

Con questa scelta societaria si mira a salvare quel che di buono e di valido si può trovare in un’azienda in crisi: si tratta di fare una scelta, salvando solo quelle attività che sono ancora competitive sul mercato e lasciando che le altre seguano il loro destino di fallimento e cessazione dell’attività.

La newco va considerata una startup (almeno per quel che riguarda i primi anni di attività), ma dobbiamo considerare che si tratta di una società che parte già “adulta”: infatti nella newco convergono tutte le conoscenze tecniche, amministrative e commerciali, nonché almeno una parte del personale, che erano già della società madre.

Questo vuol dire che una newco avrà meno difficoltà a trovare il suo spazio sul mercato e la clientela interessata ai suoi prodotti e ai suoi servizi, potendo “ereditare” in parte tutti questi fattori dalla società madre.

Inoltre la newco è una società completamente nuova, per cui non dovrebbe risentire (in teoria) di quelle che può essere il destino della società madre da cui si è originata e della eventuale bad company che ne è risultata.

Ma bisogna considerare anche un altro aspetto: una newco potrebbe comunque subire un’influenza a vari livelli (per esempio amministrativo o commerciale) di quella che era la società madre: e se le strategie applicate per la società madre non sono state vincenti c’è il rischio che lo stesso destino si ripeta per la nuova startup da essa derivata.

In sostanza c’è il rischio che vengano ripetuti gli stessi errori che hanno portato alla crisi della società madre, con tutte le conseguenze del caso.

Un caso molto recente di newco italiana è rappresentata dalla Panatta Srl, nata dal fallimento della Panatta Sport, fallita dopo una crisi iniziata nel 2008.

La newco ha assorbito una gran parte dei dipendenti della società madre, le tecnologie e i know how: con la creazione della startup è stato possibile riprendere la produzione senza il grave problema dei debiti accumulati negli anni dalla società madre.

# Modello 2 – SPIN OFF

Anche una società “spin off” nasce da un’altra società, la società madre: ma nel caso dello spin off alla base della nascita non vi è una situazione di crisi della società madre, bensì una precisa scelta societaria.

In base a questa strategia un ramo di azienda della società madre viene ceduto a una società di nuova costituzione (si può trattare della produzione di un particolare prodotto o della fornitura di un servizio, oppure di un settore di attività).

Per quel che riguarda la proprietà della società spin off, in alcuni casi questa rimane dell’azienda madre, che ne è il maggiore azionista, ma ci sono anche casi in cui l’attività viene ceduta a imprenditori esterni all’azienda madre: si tratta allora di una vera e propria vendita, da cui la società madre ha interesse a ricavare delle risorse da investire in altri settori, diversi da quello ceduto alla società spin off.

In Italia negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di una particolare figura di spin off: si tratta delle spin off universitaria, cioè di quella società costituita da un’Università (che ne diventa socio a tutti gli effetti) e che utilizza il background e le conoscenze tecniche dell’Università stessa.

Per quel che riguarda i pro e i contro di questa particolare tipologia di società, sicuramente una spin off parte già con una “base” operativa efficiente e testata sul mercato, sfruttando tutte le caratteristiche che appartenevano alla società madre.

Nel caso la spin off non rimanga di proprietà dell’azienda madre c’è la possibilità che si trasformi, in un tempo anche molto breve, in una seria competitor per la società madre, di cui può sfruttare le conoscenze tecniche, il team di professionisti e una buona posizione sul mercato: tutti questi fattori permettono a una spin off di essere pienamente operativa in tempi molto rapidi (più velocemente di quanto potrebbe fare una startup che nasce ex novo).

Fra gli aspetti negativi che possono riguardare una spin off, c’è la possibilità che esistano delle clausole contrattuali che limitino in qualche modo l’attività della neonata società (per evitare una possibile concorrenza) e il fatto che il progetto sui cui una spin off si basa potrebbe essere considerato una “seconda scelta”, cioè meno promettente degli altri su cui la società madre ha preferito investire.

Uno degli spin off più importanti è quello che da Telecom Italia ha dato alla luce Tim, destinata a diventare una delle società di maggior peso nella telefonia mobile italiana.

# Modello 3 – STARTUP

Le startup vere e proprie non si originano da una società precedente: nascono da un’idea di business, che viene messa in atto recuperando i finanziamenti necessari e porta a una crescita molto rapida dell’attività stessa.

La startup si basa normalmente su un’idea completamente originale ma non necessariamente rivoluzionaria come molti credono: si può definire come un soggetto in divenire, perché (soprattutto nella prima fase della sua esistenza) è in grado di modificarsi e di adattare i suoi progetti e il suo sviluppo in base alle richieste e alle risposte del mercato.

Questa flessibilità può ritenersi una delle armi vincenti della startup, unita al fatto di poter creare un team completamente nuovo e motivato a crescere.

Anche il fatto di essere completamente priva di legami con una società madre può essere un punto a favore per una startup: infatti, questo vuol dire non avere obblighi contrattuali da rispettare, come i patti di non concorrenza che possono invece riguardare le società spin off, e potersi muovere liberamente sul mercato.

Fra gli aspetti negativi che caratterizzano una startup vi può essere la scarsa disponibilità di capitali propri e quindi la necessità di reperirli altrove, il tempo necessario perché la società diventi pienamente operativa e le possibili difficoltà che si possono riscontrare nel conquistare una parte del mercato, sottraendo spazio a competitor già affermati.

I successi delle startup innovative italiane sono stati davvero molti negli ultimi anni: come esempio fra molti, possiamo ricordare quello di GP Renewable, nata nel 2014 per la produzione di mini impianti eolici da installare sui tetti delle case, che nel primo anno di attività è riuscita a produrre un fatturato di 1,4 milioni di euro (suscitando l’interesse di grandi società straniere, pronte alla sua acquisizione).

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