scaleup

Muovendosi nella galassia delle startup, si sente parlare sempre più spesso di scaleup.

Attenzione a non fare confusione: startup e scaleup sono due realtà diverse.

Volendo basarci su una definizione “cronologica”, una scaleup rappresenta l’ulteriore stadio di evoluzione di una startup.

Puoi pensare a una scaleup come a una startup che cresce e riesce a ottenere successo: arrivare alla fase di scaleup in pochi anni significa che il progetto di business era valido e che è stato sviluppato al meglio.

Se una startup riesce in pochi anni ad arrivare alla fase di scaleup vuol dire che il suo progetto era particolarmente valido e soprattutto è stato sviluppato nel modo migliore.

# Cos’è una scaleup

Non esiste una maniera semplice di definire una scaleup, in primo luogo perché non esiste una normativa che definisca e regoli questa realtà societaria, come invece accade per le startup innovative.

Alcuni esperti hanno definito la scaleup basandosi su criteri oggettivi, dati dalla dimensione e dalle caratteristiche della società.

Ma si può partire da una definizione empirica, tratta dall’analisi di mercato.

Utilizzando questo tipo di analisi si può definire una scaleup una società innovativa, che ha già sviluppato il suo prodotto o servizio e lo ha lanciato sul mercato.

Una scaleup deve anche avere definito il suo business model, che deve essere profittevole e scalabile.

Una scaleup è una startup che si presenta in una fase di crescita, ma che nella sua storia, anche se breve, ha già raggiunto degli importanti obiettivi concreti.

Il sistema economico costruito da una scaleup deve essere tale da permettere di ottenere una produzione che sia sostenibile e continuativa.

Tutte queste caratteristiche fanno sì che una scaleup si trovi in quella fase in cui l’obiettivo più importante è quello di riuscire a crescere a livello internazionale.

Senza dimenticare quello che rimane l’obiettivo principale, fin dalla sue costituzione, di una società come una startup diventata scaleup: quello di arrivare in tempi utili a un exit che permetta di ricompensare gli investitori.

Questo obiettivo può essere raggiunto sia tramite una un’exit, sia tramite un’IPO.

Perché il percorso di una scaleup o meglio di una startup che si è evoluta in scaleup deve sempre puntare alla crescita ma soprattutto a terminare nel modo migliore la sua avventura d’impresa, con un soluzione che permetta allo startupper di monetizzare l’impegno speso nella creazione della società e di gettarsi, eventualmente, in una nuova avventura imprenditoriale.

# Le diverse definizioni di scaleup

In realtà esistono alcuni tentativi di definizione delle scaleup. 

Si tratta di definizioni diverse fra loro perché le metriche utilizzate sono diverse e questo porta ovviamente a risultati diversi.

  • Deloitte: definisce le scaleup quelle startup che hanno avuto un processo di crescita particolarmente rapido, tanto che nei primi 5 anni dalla loro costituzione raggiungono un fatturato pari o superiore ai 10 milioni di dollari;
  • Wikipedia: da una definizione decisamente più generica, che si basa sul numero di dipendenti, che devono essere almeno 10, e che ha ottenuto un guadagno annuo minimo del 20% nell’ultimo triennio. La scaleup inoltre è riuscita a superare con successo alcune fasi di sviluppo tipiche delle startup, soprattutto quella relativa alla ricerca di un business model efficace. Questo permette a una scaleup di concentrarsi solamente sulla crescita;
  • Polihub: da una definizione più ampia, per cui le scaleup sono le startup che hanno raggiunto almeno un milione di euro di fatturato o finanziamenti;
  • SEP: Startup European Partnership indica come scaleup le startup che nel giro di tre anni da 1 a 100 milioni di dollari in investimento oppure se hanno un fatturato compreso nello stesso intervallo.

Per alcuni esperti del settore esiste un’ulteriore scalino che una startup può raggiungere nel corso del suo processo di crescita.

Per indicare questo ulteriore stadio di sviluppo è stato coniato il termine “scaler”, che definisce quelle realtà societarie che nel giro di un triennio hanno raccolto capitale o hanno prodotto un fatturato superiore ai 100 milioni di euro.

Tralasciando per il momento la realtà delle scaler, quello che si può capire dalle diverse definizioni di scaleup è che questa non è altro che una startup che è riuscita a superare quello che viene definito il “growth chasm”, letteralmente il “burrone della crescita”.

Questo vuol dire che una startup diventata scaleup è riuscita a vincere le sfide più importanti e caratterizzanti di questo tipo di impresa:

ha individuato un settore ove promuovere il suo prodotto o servizio;
ha definito un business model efficace e caratterizzato dalla scalabilità

La scaleup può dimostrare di essere cresciuta dal livello di startup grazie a precise metriche, che di volta in volta possono riguardare il fatturato, i finanziamenti raccolti, il numero di utenti e clienti, la copertura del mercato.

# Le differenze fra startup e scaleup

Quello che sicuramente può aiutare a inquadrare meglio la natura di una scaleup è capire quali sono le differenze fra questa società e una startup:

il livello di rischio: far crescere una startup vuol dire assumere un buon numero di decisioni che possono comportare rischi importanti, perché è necessario trovare delle nuove strade per aggredire il mercato.
In una scaleup questo succede meno di frequente, perché la società ha già una sua posizione consolidata sul mercato;
le strategie di marketing: in una startup il marketing deve puntare a individuare i potenziali clienti e i sistemi di vendita per validare ulteriormente il prodotto.
In una scaleup questi obiettivi sono già stati raggiunti e la meta da raggiungere è la crescita;
i finanziamenti: una startup si destreggia fra bootstrapping,  e Business Angel, per raccogliere il capitale necessario allo sviluppo del progetto di business.
Una scaleup raccoglie fondi con round di serie A e serie B: i capitali raccolti sono ovviamente molto più consistenti;
la composizione del team: non è raro trovare, soprattutto nelle startup nelle prime fasi di sviluppo, soggetti che ricoprono diversi ruoli nel team, oppure soggetti che svolgono determinate attività senza una precisa specializzazione.
In una scaleup non c’è semplicemente un team organizzato, ma veri e propri dipartimenti in cui operano professionisti dei diversi settori.
La massima professionalità e organizzazione sono necessarie anche perché il livello di responsabilità da affrontare è molto alto;
la gestione della società: all’interno di una scaleup è necessario inserire dei manager specializzati nei diversi settori, perché la crescita possa continuare senza intoppi o interruzione.
Nel caso di una startup i ruoli dirigenziali sono spesso occupati dai founder, che mettono a disposizione le loro competenze e il loro impegno.

Queste sono solo le differenze più evidenti fra startup e scaleup: avrai capito che si tratta di due realtà molto diverse fra loro, per struttura, funzionamento, strumenti utilizzati e obiettivi da raggiungere.

# Quante startup diventano scaleup in Italia?

La prima domanda che potresti fare, esaminando il percorso che porta da startup a scaleup, è quante sono le realtà italiane che riescono a compiere questo “balzo”?

La realtà è che le scaleup in Italia sono davvero ancora poche: in questo senso il mercato italiano rappresenta il fanalino di coda in Europa.

I dati del report 2020 in materia di scaleup, che fotografano la realtà alla fine del 2019, rendono un quadro abbastanza cupo per quel che riguarda lo sviluppo delle scaleup in Italia. Infatti

L’Italia si posiziona al decimo posto a livello europeo per numero di scaleup, che risultavano essere 261, dietro a paesi come Irlanda e Finlandia.

A voler però vedere un aspetto positivo, basta fare un confronto con gli anni precedenti: bisogna infatti considerare che fino al 2012 le scaleup erano praticamente assenti nel panorama italiano.

Da circa dieci anni a questa parte si è quindi assistito a una crescita lineare, che ha prodotto una media di circa 26 nuove scaleup ogni anno.

Anche in capitale investito in questo tipo di società ha conosciuto una crescita importante, arrivando a toccare i 400 milioni di euro fra il 2017 e il 2019.

E la crescita delle scaleup Italia, continuata anche nell’anno nero 2020 in controtendenza rispetto agli altri paesi europei, fa ben sperare per il futuro. 

Anche perché la macchina dei finanziamenti pubblici, con il Fondo Nazionale Innovazione CDP, potrebbe rappresentare uno slancio importante per la crescita delle società innovative nel mercato italiano. 

La speranza è che da una crescita lineare si passi, nei prossimi anni, a una crescita esponenziale del numero di scaleup italiane di successo.

# Le scaleup italiane che hanno avuto successo

Ci sono diversi casi di startup che in pochi anni si sono trasformate in scaleup di successo: una dimostrazione che con la giusta idea di business e la capacità di realizzarla è possibile davvero dare una svolta verso il successo alla propria vita, realizzando il sogno di ogni startupper.

Di seguito troverai alcuni casi di startup che si sono trasformate in scaleup di successo.

DoveVivo

DoveVivo è una scaleup che ha iniziato la sua attività nell’ambito del co-living e in tempi rapidi è diventata la più importante società europea che opera in questo settore.

La crescita della startup è stata caratterizzata dalla rapidità e dalla capacità di raccogliere anche grandi capitali.

Nel 2019 infatti la raccolta di fondi è stata pari a 72 milioni di euro, utilizzando lo strumento dell’equity, mentre nel 2021 l’ingresso di Tamburi Investment Partner, nell’ambito di un’operazione di finanziamento per 30 milioni di euro, ha portato la società ha raccogliere in meno di un trimestre più di 100 milioni di euro.

In questo modo DoveVivo può essere considerata una scaleup a tutti gli effetti.

Freeda

Media Company italiana fondata nel 2016, che opera attraverso i principali canali di social network e si rivolge principalmente a un pubblico di Millennials, ha raccolto in un triennio (dal 2016 al 2019) più di 27 milioni di euro. 

Un primo round, nel 2016, è stato di 4,3 milioni di euro, un secondo round è stato chiuso nel 2018 per 10 milioni di euro e un terzo round nel 2019 per 15 milioni di euro, grazie alla partecipazione del Venture Capital francese Alven.

Brum Brum

Altro esempio di scaleup italiana di successo è quello di Brum Brum. La startup, che ha creato il più importante marketplace per l’acquisto di automobili usate e per il noleggio a lungo termine per privati, può essere considerata una scaleup grazie ai finanziamenti raccolti. 

Nel 2018 la startup ha lanciato un round di investimento di serie A, con cui ha raccolto 10 milioni di euro, nel 2019 ha bissato il successo con un round di investimento di serie B per una raccolta di 20 milioni di euro e nel 2021 ha messo in atto un’operazione di cartolarizzazione che ha permesso di raccogliere ben 65 milioni di euro.

Satispay

Altra scaleup italiana di grande successo è Satispay, che si occupa di mobile payment. Nel triennio compreso fra il 2016-2018 la startup ha infatti raccolto fondi, con due distinte operazioni, per un valore complessivo di più di 33 milioni di euro. 

La crescita della scaleup non si è ovviamente fermata, tanto che nel 2021 Satispay ha concluso la sua prima acquisizione della sua storia. 

Oggetto dell’operazione è stata AdvisorEat, app che consiglia i migliori ristoranti e permette di accumulare punti che possono essere convertiti in gift card o donazioni.

Come hai potuto vedere il mondo delle scaleup italiano offre ancora grandi margini di crescita: sta all’abilità e al coraggio degli startupper migliori il fatto di assumersi il rischio di far crescere la propria società fino a raggiungere il livello più alto. 

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