Come per ogni realtà, anche per quel che riguarda la creazione di una startup esistono tutta una serie di “falsi miti”: convinzioni (nate in alcuni casi anche da situazioni reali, ma che non sempre si ripresentano), teorie e dicerie che si sono diffuse sia attraverso i media classici sia attraverso la rete e sono diventati quasi dei dogmi, delle verità da cui è impossibile prescindere quando si crea una startup.

Ma la realtà è spesso molto diversa: in questo articolo vedremo 5 falsi miti sulle startup e cercheremo di capire quanto c’è di vero e quanto invece nella creazione di una startup risulta molto differente.

1. Se non sei giovane, non puoi creare una startup

Nella “mitologia” della creazione di una startup un classico è rappresentato dal gruppo di giovani universitari che creano in uno scantinato la loro impresa nelle pause fra feste e studio e diventano miliardari nel giro di breve tempo.

Questa immagine è stata portata avanti dalla rete e dai media, ma dobbiamo ricordare che esiste un fondo di verità: in alcuni casi, soprattutto per quel che riguarda le startup che si occupano di informatica, i fondatori possono essere anche imprenditori molto giovani.

Ma la realtà dei fatti, soprattutto in Italia, è molto differente: i fondatori di startup non sono under 25 appena (o non ancora) laureati, ma sono molto più spesso soggetti compresi in una fascia di età fra i 30 e i 49 anni, che hanno già avuto esperienza in campo lavorativo e che molto spesso vanno a creare una startup proprio nel settore di mercato da cui provengono in modo da sfruttare al massimo l’esperienza acquisita.

Niente ragazzini impegnati nel garage, ma imprenditori maturi dunque, ben consci delle difficoltà e delle possibilità offerte dal mercato: come nel caso di Redooc, piattaforma online che si occupa delle materie scientifiche studiate dai ragazzi durante il liceo, fondata da Chiara Burberi, docente di economia e manager per Unicredit, alla “verde” età di 47 anni.

Tutto meno che un’universitaria alle prime armi, anzi una manager di grande esperienza, in grado di aprire una startup di successo grazie non solo a un’idea innovativa, ma anche alle competenze acquisite durante gli anni di lavoro.

Qui potrai leggere l’intervista alla fondatrice di Redooc, dove sottolinea il fatto che creare una startup non è solo un “affare da giovani”:

2. Una startup può essere solo ipertecnologica (e il suo fondatore deve essere un mago del computer)

Anche in questo caso il mito americano del “nerd” che è in grado di fare tutto con un personal computer ha fatto molto: per tante persone la parola startup evoca delle imprese che gravitano solo e unicamente intorno al mondo virtuale costituito da rete, social network, software e computer. Ma anche in questo caso la realtà può essere ben diversa.

Infatti, soprattutto in Italia, le startup trovano terreno fertile anche in altri ambiti, come quello legato all’industria e al comparto agricolo: lo scenario appare molto più vario rispetto alle startup legate solo al mondo dell’innovazione tecnologica e offre un mercato più ampio, in cui è possibile inserirsi sfruttando le proprie competenze.

Per quel che riguarda lo sviluppo tecnologico (che ricordiamoci è importante anche nel caso si voglia creare una startup legata per esempio al mondo dell’agroalimentare) è importante dotarsi di un team che abbia le competenze adeguate, in modo da avere ricoperti tutti i ruoli all’interno dell’azienda: ma non è davvero necessario essere dei maghi del computer.

A conferma di quanto scritto, possiamo vedere il caso di Bioecopest, una startup sarda che cerca di dare una risposta nuova a un problema annoso dell’agricoltura, quello dell’utilizzo dei pesticidi.

Bioecopest si occupa dello studio e della produzione di pesticidi biologici ed ecocompatibili, puntando in particolare a quei microrganismi che sono in grado di eliminare gli insetti, ma senza creare danno alla pianta stessa e soprattutto alle persone.

3. Un’idea innovativa basta per fare una startup

Un altro falso mito che riguarda le startup è quello relativa all’importanza dell’idea di business: siamo portati a credere che basta avere una buona idea, che i concorrenti non hanno ancora avuto, proteggerla e, come per magia, la nostra startup si realizzerà e crescerà, producendo profitti che ci renderanno miliardari.

Un bel sogno non c’è che dire: ma dobbiamo ricordarci che se all’idea non segue tutto quel processo di execution che la trasforma in un business vero e proprio, quell’idea vale meno di zero.

È vero che dobbiamo basarci su un’idea vincente, ma è anche vero che dobbiamo conoscere e saper utilizzare tutti gli strumenti necessari alla sua realizzazione concreta.

Essere imprenditori vuol dire conoscere il mercato, la normativa, gli obblighi fiscali e tutte le possibilità di finanziamento disponibili per la propria startup.

È importante poi saper programmare l’attività della propria startup nel breve, medio e lungo periodo, scegliere i collaboratori e i soci più adatti e avere ambizione e coraggio.

E il tutto condito da molto senso pratico e di flessibilità, che permetta di affrontare i problemi (anche quelli inaspettati) e trovare delle soluzioni concrete e semplici da mettere in atto.

La startup è fatta anche di burocrazia, di tasse da pagare, di studi di mercato, di progetti di marketing, di ricerca di fondi, di programmazione: tutte attività che sono necessarie tanto quanto una buona idea.

L’idea innovativa può essere una scintilla, ma lo startupper deve essere in grado di costruire e far funzionare in modo complessivo il motore della sua impresa.

4. In Italia mancano i fondi per le startup

Il problema dei fondi è un problema centrale in ogni impresa, e ovviamente per una startup in fase di creazione: una lamentela tipica è che le banche non concedono fondi ai giovani startupper ricchi di idee ma poveri di garanzie.

E questo non è del tutto falso, visto che il credito bancario all’impresa in generale (e alle nuove imprese in particolare) non ha maglie particolarmente ampie e, almeno in alcuni casi, le banche sono disponibili a prestare soldi solo a coloro che li hanno già (o che comunque offrono garanzie sufficienti di poter restituire i finanziamenti).

Ma questo non vuol dire che non è possibile reperire i fondi per creare una startup: esistono diverse forme alternative di finanziamento cui è possibile ricorrere. Prima fra tutti i bandi per i finanziamento alle imprese (che sono erogati dalla Comunità Europea, dallo Stato e dalle Regioni) e che permettono a volte di costruire una startup a costo quasi zero.

Vi sono poi tutta una serie di istituzioni (spesso legate al mondo universitario) che permettono ai futuri startupper di iniziare la loro attività con tutta una serie di agevolazioni, sia dal punto di vista economico che pratico (per esempio con la concessione di spazi dove organizzare la propria attività oppure con corsi mirati per imparare la gestione dell’impresa).

Da non dimenticare poi la presenza degli investitori informali, come Business Angel e Venture Capital, che sono in grado di investire nel capitale delle startup con grandi potenzialità di crescita anche per somme molto importanti (soprattutto i Venture Capital).

Fra gli esempi più recenti possiamo pensare a FiLo , una startup che produce un dispositivo in grado di localizzare gli oggetti personali più importanti che è stata accelerata da Luiss EnLab e che ha ricevuto un investimento pari a 500.000 euro da parte di un gruppo di Business Angel.

I soldi per le startup ci sono anche in Italia, a patto di tenersi informati e di presentare un’idea di business che sia realmente valida e concretamente realizzabile.

5. Creare una startup è di moda

Fondare una startup potrebbe sembrare semplicemente “cool”: si parla di startup e si pensa a un mondo fatto di guadagni facili, fama sul web e sui media, poco lavoro e molto divertimento.

Niente di più sbagliato: dobbiamo dire che creare una startup è tutt’altro che di moda, quanto un impegno, a volte anche molto gravoso, che occuperà buona parte del nostro tempo per almeno i primi 2 o 3 anni di vita della società.

“No pain, no gain” è un cartello che si trova appeso in molte palestre “vecchio stile”: nel caso delle startup potremmo scrivere “no hard work, no money”: senza un lavoro continuo, che comprenda tutti gli aspetti dell’attività di impresa, sarà impossibile ottenere dei risultati tangibili e, in alcuni casi, l’”avventura startup” non partirà nemmeno.

Inoltre ricordiamo un altro fattore importante: per quanto possa essere l’impegno profuso nella creazione e nella gestione di una startup il successo non è assicurato. Le variabili in gioco sono molte e in parte non dipendono dalla volontà dell’imprenditore e non possono essere in nessun modo influenzate.

Perciò, nel momento in cui decide di creare una startup, bisogna tenere sempre in conto la possibilità che il progetto non parta, che si areni durante la fase iniziale oppure che fallisca durante l’attività di impresa. È un rischio fisiologico insito in ogni attività di impresa, da cui non si può prescindere.

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